L’eruzione del dicembre 1949 che spaventò Bronte

BRONTE, 2 dicembre 1949. «Mentre vi telefoniamo, una colata lavica di considerevoli proporzioni e su un fronte vastissimo, che sgorga da una nuova bocca eruttiva apertasi alle 12,20 in una località di proprietà Cavallaro, fra Monte Maletto (m 1768)  e Monte Egitto (m 1600), scende in direzione di Bronte, tra continui paurosi boati». Cominciava così l'articolo che apriva l'edizione straordinaria del giornale La Sicilia in occasione di una nuova, concitata eruzione dell'Etna; un pezzo “a braccio” dettato direttamente agli stenografi. Di fatto, una delle più importanti testimonianze dell'attività etnea del Novecento nell'area di Bronte.

L'eruzione del 1949 ebbe inizio alle prime luci dell'alba del 2 dicembre, preceduta da tre scosse di terremoto a partire dalle 5:25. La prima fase dell'eruzione fu scandita da un'intensa attività esplosiva, addirittura di tipo sub-pliniano secondo le cronache dell'epoca, con boati e un'ingente emissione di materiale piroclastico; Catania e i paesi del versante sudorientale del vulcano, sottovento alle correnti d'alta quota, vennero interessati da un'eccezionale ricaduta di cenere fino alle dieci e mezzo.

La situazione, frattanto, cominciò a peggiorare rapidamente sul versante nord-occidentale. Prima l'apertura di una frattura eruttiva alla base del cratere centrale alle 5:36 poi, nel corso della mattinata, la genesi di tre bocche eruttive intorno ai 2800 metri. La prima fra Monte Frumento e Monte Nero, la seconda in territorio di Randazzo, la terza nell'area di Bronte; un'altra, la più importante e (potenzialmente) pericolosa, si formò alle ore 12:20 a circa 1600 metri tra Bronte e il settore sud-orientale delle campagne di Maletto.

Il fronte lavico, piuttosto vasto e ben alimentato, durante il pomeriggio del 2 dicembre avanzò con una velocità di circa 2 chilometri orari; difficile da monitorare a causa delle avverse condizioni atmosferiche, bruciò alcune pinete tra cui quella di Nello Pappalardo, minacciò le colture e spaventò il centro abitato di Bronte. L'incombente rischio per il paese, come più volte accaduto nella storia, mobilitò in preghiera i brontesi; una foto (img. 1) pubblicata dall'allora celebre settimanale L'Europeo ritrae Don Luigi Longhitano, parroco di Bronte, circondato da un gruppo di fedeli e con in mano una reliquia verso la colata per fermarne la marcia.


Img.1 - Don Luigi Longhitano in processione. «L'Europeo», edizione del 4 dicembre 1949

Img. 2 - Quotidiano «La Sicilia»
Prima pagina dell'edizione del 3 dicembre 1949

«Bronte non corre pericolo». Tra il 3 e il 4 dicembre, conseguentemente al ritorno in attività del Cratere di Nord-Est, definito dai vulcanologi dell'epoca “valvola di sfogo” per l'eruzione, la situazione tornò alla normalità. La fase esplosiva sub-terminale coincise, di fatto, con una sensibile attenuazione delle emissioni laviche dalle bocche di media e bassa quota. Un gran sospiro di sollievo per i cittadini brontesi, pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: la distruzione di una parte del bosco fu l'unico danno cagionato al territorio dall'intensa — ma fortunatamente breve — eruzione del vulcano attivo più alto d'Europa

Andrea Bonina

Laureato in Geologia presso l’Università di Catania, meteorologo di MeteoSolutions SRL presso 3Bmeteo.com.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *